Il furgone di Accio era lo stesso utilizzato per il trasloco
di Drago, ossia un residuato bellico degli anni settanta. Nella parte
posteriore erano stati risistemati i sedili, ora c’era posto per tutti ed anche
qualcuno in più. Su alcuni finestrini erano state appese delle inquietanti tendine,
dove erano riprodotti un teschio ed una ghigliottina grondante sangue. Sul
parafango anteriore era stata collocata una struttura in acciaio, ed ora il
furgone somigliava ad una locomotiva da guerra.
Accio diede gas al motore e rientrò in corsia senza badare
al sopraggiungere di altre macchine, come se volesse inaugurare il viaggio con
un incidente. Nelle strade della città la sua guida era allarmante, per non
dire criminale. Teneva sfrontatamente il volante con una mano, mentre con
l’altra si massaggiava generosamente i genitali. Ai semafori frenava sempre
all’ultimo momento, come se intendesse verificare l’affidabilità dei freni.
Evitò l’impatto con numerose macchine solo all’ultimo istante, e dava gas come
se stesse partecipando ad un gran premio riservato a psicopatici e masochisti.
Francesca e Tony non sembravano preoccupati, il secondo parlava tranquillamente
al cellulare con un collega d’ufficio, mentre Francesca guardava dal finestrino
come se nulla fosse. Riccardo, invece, grondava copiosamente sudore: era
l’autentica maschera della paura. Dopo pochi minuti decise di chiudere gli
occhi, e soltanto allo stridere dei freni li riaprì. Erano finalmente arrivati
dinanzi alla casa di Floriana, un palazzaccio nell’umida via S. Giovanni. Accio
si sporse dal finestrino urlando il nome della ragazza e questa, mezzo nuda, si
affacciò alla finestra dicendo di attendere un attimo.
“Accidenti, dopo dobbiamo andare in quel merdaio del
quartiere di Drago”, disse Accio battendo il pugno sul volante, “spero almeno
che sia pronto, altrimenti salgo su, sfondo la porta e lo lancio dalla
finestra. Francesca, prepara la macchina fotografica, tra quei palazzi ci sono
delle opere d’arte che non possiamo ignorare!”
Dopo pochi minuti arrivò Floriana, con un viso truccato da
prostituta colombiana. La notte precedente aveva partecipato ad una notte delle
sue, non chiudendo occhio sino alle sei del mattino. Portava uno zaino su cui
erano raffigurati decine di fiori e cuori, e qualche frase di Jim Morrison e
del maresciallo Argiolas. Quando si sedette fece un lungo sbadiglio, e li
guardò come se stesse osservando una marmaglia di operai in sciopero.
“Accidenti, ma dovevamo partire così presto?
Accio si voltò di scatto, con gli occhi carichi di rancore.
“Wè, bella, stai scherzando? Perché se stai scherzando, devi
dirlo!”
“Bhè, no”, rispose intimorita, “mi sembra un tantino
presto!”
“Dobbiamo arrivare massimo a mezzogiorno”, disse Francesca,
“altrimenti ci considereranno dei perditempo. Questa non è una gita di piacere,
sia ben chiaro e tutti...”
“E teniamo pronta la macchina fotografica. Chissà, magari
lungo la strada becchiamo un incidente automobilistico con qualche variante complessa,
non possiamo farcelo sfuggire.” Pronunciata questa sciagurata frase Accio partì
sgommando, e per poco non investì un’anziana con le buste della spesa. Dopo
aver percorso qualche chilometro a velocità sostenuta, si fermò dinanzi al
condominio di Drago. Questo aspettava sulla porta, come una sentinella serba disposta
a mitragliare qualsiasi kosovaro nei dintorni. Con sé aveva una borsa sportiva
logora e piuttosto sporca, la mise nel bagagliaio e salì con tutto il suo
carico di miseria.
Cosa ti è successo”, domandò Tony, “sei stato risucchiato e
sputato da una pianta carnivora?”
“Lasciamo perdere”, rispose Drago, “sono rimasto sveglio
sino alle sei, nell’appartamento di sopra è scoppiata una mega rissa, non ho
chiuso occhio per tutta la notte!”
“Ogni tanto qualche sberla è il modo migliore per chiarire le
cose. La violenza scarica i nervi, e tonifica lo spirito!” Evidenziò Accio,
mentre partiva sgommando.
In breve attraversarono il traffico immettendosi rapidamente
sulla statale, destinazione Barbagia. Mentre guidava Accio era in uno stato di
trance, di tanto in tanto avvicinava il suo grosso inguine al volante, come se
quella posizione, per un bizzarro motivo, lo eccitasse all’inverosimile.
Inoltre era solito sbandare, ed urlava bestemmie immotivate agli automobilisti
che incrociavano.
“Ei bello, non starai esagerando?” Domandò Francesca, per
altro calmissima.
“No!” Gli rispose Accio urlando, “determinate traiettorie
sono troppo invitanti!”
Dopo aver percorso una cinquantina di chilometri decise di
fermarsi in aperta campagna, per una breve pausa ristoratrice, per riprendere
il controllo sui nervi e soprattutto per fumare una canna. A qualche metro di
distanza c’era un laghetto, sulle cui sponde Drago e Floriana trovarono il
luogo ideale per alterare la loro psiche. Quando ritornarono Drago camminava
piegato e con le braccia in avanti: sembrava uno scimmione scappato da un circo.
Floriana, invece, aveva un atteggiamento preoccupato, come se dei militanti
dell’Isis la tenessero sotto tiro, preparati a trapanarle il cervello od al
massimo mozzarle il capo.
“Signori”, disse Tony col suo immancabile linguaggio forbito,
“dobbiamo far uso della massima prudenza. Se incappiamo in un posto di blocco e
perquisiscono la borsa di Floriana, ci spediscono in villeggiatura nelle patrie
galere. Personalmente perderò il lavoro, e forse la salute mentale. Vi sembrerò
eccessivamente zelante e me ne scuso, ma la cosa non mi garba affatto...”
In effetti, quella borsa era ricca di materiale interessante.
Marijuana, altre droghe leggere, mescalina, anfetamine, morfina e poi,
calmanti, rilassanti, eccitanti, quattro bottiglie di vodka, tre litri di rum,
un bidone contenente dieci di litri di vino, una bottiglia di alcol puro. Le
intenzioni di Floriana non erano cattive, ma si era lasciata chiaramente
prendere la mano.
“Scusate ragazzi”, disse la stessa Floriana, “ogni volta che
parto per un viaggio, non riesco a calcolare con esattezza le quantità...”
“Siamo con te Floriana, in questi casi è meglio abbondare.
Poi... Non è detto che ci fermino, e sopratutto non è detto che ci
perquisiscano.”
“Accidenti a te, Accio”, lo ammonì Francesca, “punti sempre
tutto sul tuo vago ottimismo. Ma ti sei guardato allo specchio? Sembri uno psicopatico
appena fuggito da una cella di massima sicurezza. Quando ci fermeranno non solo
ci perquisiranno, ma ci arresteranno direttamente, senza nemmeno controllare la
borsa di Flò.”
“Allora datemi la possibilità di percorrere vie alternative,
così eviteremo i posti di blocco...”
“A me sembra una buona idea” disse Floriana in stato
confusionale, “facciamo come dice Accio...”
Dopo un parapiglia generale fu raggiunto un accordo, ma non
sapevano a cosa andavano incontro. Quando risalirono sul furgone Accio fece una
spericolata manovra ad “U”, dunque procedette per un sentiero sterrato, su cui
poteva transitare solo una macchina per altro sfiorandone i bordi, talvolta
confinanti con spaventosi precipizi.
“Bene”, commentò Accio rilassato, “qui posti di blocco non
ne troveremo. Il sentiero termina proprio accanto al cavalcavia, ma dopo ne
inizia subito un altro. Possiamo arrivare in prossimità del campeggio senza
passare per la provinciale, anche se la strada ci frullerà un po’! State
comunque tranquilli... Questo furgone farebbe invidia ad un panzer tedesco, il
mese scorso l’ho utilizzato per sfondare un camper, non corriamo alcun pericolo!”
Riccardo maledì il momento in cui aveva deciso di
partecipare a quel viaggio, mentre Accio percorreva ad alta velocità il
sentiero che costeggiava il fiume. Viaggiando su una serie di strade sterrate,
attraversate solo da greggi guardinghe e mucche spaventate, arrivarono sino al
confine della Barbagia. Un tratto di strada doveva essere percorso sulla
provinciale, perché parte del sentiero era stato spazzato via da un’alluvione. La
sua guida divenne meno sfrontata, da bestia impazzita Accio si trasformò in docile
agnellino. Potrebbe apparire strano, ma anche lui era immerso nella
contemplazione di quei fitti boschi, delle rocce bianche tinte dal muschio e
dalla vista di lontani poderi, abbarbicati sulle rocce come falchi sorveglianti
il territorio.
Dopo aver avuto il cuore in gola per tutto il viaggio
Riccardo si rilassò, soddisfatto per la più calma andatura. Tutti ammiravano in
silenzio quel magnifico bosco, composto da querce secolari e sugheri dal tronco
sinuoso come un’ammaliante danzatrice orientale. Dopo qualche metro apparve il
cartello indicante la località del campeggio. Erano finalmente arrivati, ora
dovevano solo conoscere le persone con cui avrebbero condiviso quei cinque
giorni primaverili. Mentre percorreva
l’ultimo tratto di strada Accio cominciò a muovere rapidamente le spalle, e
grazie allo specchietto retrovisore Riccardo notò che il suo volto mutava
rapidamente espressione, come se attraverso ogni singola smorfia volesse custodire
un’immagine di quanto vedeva. Le sue stesse sopracciglia sfregiate, il suo naso
e gli zigomi erano scossi da tremiti forse dettati dall’entusiasmo, tuttavia
Riccardo promise a se stesso che non avrebbe mai più partecipato ad un viaggio
con Accio al volante.
Vincenzo M. D'Ascanio, tratto dal romanzo "Eclissi"
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