Il cancello del campeggio era spalancato, così Accio l’oltrepassò,
naturalmente sgommando in retromarcia. Da una catapecchia giunse un ragazzo dalla
cresta verde, avvertendolo che il parcheggio si trovava all’esterno, in uno spiazzo
appositamente riservato. Mentre pronunciava questa frase il ragazzo si
sbracciava ed agitava, come se stesse cercando di stabilire un ponte
comunicativo con dei militari sordomuti ed autistici. Eseguite le disposizioni i
ragazzi ritornarono all’ingresso, dunque ci furono le presentazioni di rito. Il
nome del parcheggiatore era Scandal, o almeno così diceva di chiamarsi. Entrambi
i lobi erano colmi di stravaganti orecchini, e sulle braccia portava dei tatuaggi,
tra cui risaltava quello di un autorevole mostro marino.
“Seguitemi”, disse, “vi mostro il campeggio. Di dove siete?”
“Veniamo da varie zone della Sardegna”, rispose Francesca,
“Riccardo e Floriana sono di Carbonia, io di un paese vicino, mentre gli altri
arrivano dal campidano...”
“Io, invece, sono originario del Marghine, ma vivo a
Cagliari da più di dieci anni. Bhè, diciamo, vivo è una parolona... Si tratta
del mio punto di appoggio quando ritorno dai viaggi. In questi ultimi mesi ho
vissuto in una comune non lontana da San Francisco, sono rientrato solo per il
campeggio.”
Mentre Scandal faceva stralunati discorsi sulla libertà
individuale, Riccardo si guardò intorno. Tutti gli edifici avevano un aspetto massiccio,
e talvolta erano nascosti da imponenti querce. Tuttavia furono i ragazzi
presenti a catturare maggiormente la sua attenzione. Riccardo non nutriva
pregiudizi verso alcuna pettinatura o stile, nonostante lui vestisse in maniera
impeccabile, in sintonia con una robusta cappa di mentalità consumista. In quel
calderone umano, invece, risaltavano bizzarri abbigliamenti, appariscenti
acconciature, mille ed improbabili orecchini, catene, catenine e medaglioni,
inattesi tatuaggi. Ragazzi dai capelli rossi, gialli o verdi sembravano
pappagalli esotici scappati clamorosamente da un circo. C’era chi indossava
pantaloni larghi oppure stretti, alcuni erano vestiti da motociclisti, altri
mostrano con orgoglio il petto, privi di magliette ma colmi di piercing e
tatuaggi. Se qualcuno avesse deciso di passeggiare col pene in bella mostra,
sarebbe stato pacificamente accettato, senza rimostranze di sorta. In alcune
zone del bosco bivaccavano individui che ridevano, scherzavano ed assumevano atteggiamenti
fuori dal comune. In uno di questi assembramenti un ragazzo si esprimeva con ardite
giravolte, mentre gli altri lo applaudivano ridendo ed incitandolo. Accanto ad
una quercia una ragazza faceva roteare dei birilli, mentre uno scalmanato correva
con una carriola, su cui era accovacciato un vecchio che sbraitava ed ostentava
una bottiglia contenente forse liquore.
“Non preoccupatevi, quello è il vecchio Tobias”, disse
Scandal, “un tedesco arrivato sin qui chissà come. L’hanno ripescato da un canale
di scolo non distante dal campeggio, completamente ubriaco e mezzo nudo.
Nessuno sa da dove venga, del resto, non lo sa nemmeno lui... Comunque sia, in
breve tempo è diventato un’istituzione del campo.”
Scandal presentò alcuni ragazzi, che sembravano provenire dai
più malfamati gironi dell’Inferno. Uno di loro urlò senza motivo che non credeva
in niente: in sostanza si trattava di un nichilista. Infine giunse il momento
di Claudia, una bella ragazza con un tatuaggio di Marcos sulla spalla destra. Aveva
i capelli scuri e legati in una lunga treccia, pantaloni larghi ed una
maglietta calcistica del Brasile, stretta ai fianchi ed in parte stracciata. Il
tatuaggio di Marcos era solo uno dei tanti, infatti, nell’altro braccio, spiccava
un’apocalittica frase di Chomsky. Riccardo la guardò con particolare trasporto
e Francesca, attenta ad ogni particolare, gli assestò una vigorosa gomitata
sullo sterno.
“Aia”, si lamentò il ragazzo con lo sguardo rivolto al cielo,
come se attendesse la caduta di un angelo. Francesca gli lanciò un’occhiataccia
più rovente di un lanciafiamme bulgaro.
“Bene ragazzi”, disse Claudia dopo essersi presentata, “vi
propongo un tour nel campeggio, così vi farete un’idea delle nostre attività e,
magari, scegliere quelle più adatte alle vostre inclinazioni. Nessuno è
ovviamente costretto a prendervi parte, chi non vuole partecipare può restare
nella piazza e fare ciò che desidera, come gli altri ragazzi che vedete a
spasso. Tuttavia, se posso permettermi, vi consiglierei di fare della pratica.
Il lavoro dura tre, al massimo quattro ore, avete il resto della giornata per
godervi la natura, fare conoscenze e divertirvi.”
L’idea piacque alla comitiva, Tony, in particolare, era soddisfatto
come se si trovasse sul cubo di una sontuosa discoteca della riviera adriatica...
Gli edifici complessivamente erano cinque, ed all’interno di essi si svolgevano
diverse attività. Le strutture non erano particolarmente curate, più che altro
si trattava di cameroni, che potevano contenere una cinquantina di persone. Un
tempo erano stati i dormitori dell’ex colonia penale, ora erano utilizzati come
luoghi di elaborazione creativa: se vogliamo, un interessante cambiamento di
prospettiva.
“In questo edificio”, indicò Claudia, “si svolge un’attività
in cui crediamo fortemente, quella del riciclaggio. Recuperiamo oggetti come
barattoli, bottiglie ed altri utensili per essere poi lavorati, e dunque
trasformati in prodotti riutilizzabili. Per esempio, osservate questa libreria,
è un piccolo capolavoro, realizzata con del compensato e con barattoli di cibo
per cani. Tutto materiale recuperato, ormai considerato inutile dalla società
dei consumi...”
Riccardo si avvicinò alla libreria, con l’umore di chi
avesse appena ascoltato la confessione del padre in merito alla propria
omosessualità. Sulle prime non riusciva a notare nulla di particolarmente interessante,
ma osservando con attenzione ne apprezzò la struttura. I barattoli erano stati
spogliati da qualsiasi etichetta, ed ora risplendevano alla luce del sole. Sui
piani di compensato, verniciati di arancione, erano stati sistemati alcuni
oggetti, come un vaso ricavato da un vecchio contenitore di plastica, ed alcune
bottiglie colorate. L’idea, in effetti, aveva un suo senso: restituire utilità
ad oggetti scartati, magari con nuove funzioni rispetto a quelle originarie.
Riccardo pensò alla montagna di spazzatura, vista soltanto quella mattina nella
periferia della città. Non sarebbe stato acceso nessun rogo, e non sarebbero serviti
costosi smaltimenti: ruolo centrale avrebbe avuto semplicemente la fantasia, la
manualità, e con poche risorse oggetti apparentemente inutili potevano essere riadoperati.
Il ragazzo meditò sulle abitudini della famiglia, capace di scartare
qualsiasi apparecchio, senza nemmeno provare a ripararlo. Per alcuni televisori
sarebbe bastato l’intervento di un tecnico, magari per un oggetto rotto un po’
di colla, oppure nastro adesivo. Tuttavia pretendere una riparazione da suo
padre, era come attendersi un bacio della bandiera britannica da parte di un
militante dell’IRA. Questi erano i capisaldi del consumismo: acquistare, sbarazzarsi
dei prodotti, acquistare di nuovo, inaugurando così una catena causa/effetto
senza fine.
Dopo aver visitato il primo laboratorio, tutti erano già
sorpresi dalla meticolosa organizzazione. Soltanto Accio non sembrava particolarmente
entusiasta, per via di convinzioni strettamente personali, estremiste e
naturalmente sconvolgenti.
“Qui assistiamo alla smilitarizzazione del catorcio”
commentò infastidito, “ciò che più mi auguro è contemplare il rottame di un’automobile,
abbandonata sul ciglio verdeggiante della carreggiata. Accidenti a voi, sapete
cosa vi dico? Soltanto immagini come queste mi emozionano, altro che tramonti,
od anziani che si tengono per mano! Spesso ho fotografato quelle splendide
carcasse, sarebbe un peccato sprecarle per farne chissà cosa, meglio lasciarle
alla loro statica bellezza!”
“Per te hanno un significato, non è vero?” Domandò
incuriosita Floriana.
“Significato?” Rispose Accio toccandosi il cavallo dei
pantaloni, “non so, mi eccitano!”
Come? Una carcassa sul ciglio della strada, ti eccita?”
A questo punto Accio si voltò mostrando i denti marci, dunque
fece alcuni passi zoppicando, puntando il dito verso Floriana.
“Bella, ognuno si eccita come crede, nel vostro mondo
accelerato non comprenderete mai il mio messaggio. Si tratta di un telegramma scritto
col sangue della ribellione e spedito direttamente dall’Inferno! Con le mie
donne riesco a raggiungere l’orgasmo, solo se mi trovo all’interno di un
rottame. Durante lunghe ore al laboratorio ho elaborato tutte le conferme
scientifiche del caso!”
Nessuno osò commentare le farneticazioni di Accio, che poco
dopo mosse freneticamente le mani verso il cielo, come a voler indicare la
possibile traiettoria di satelliti televisivi. Claudia azzardò un impercettibile
sorriso, e Francesca sussurrò delle parole, che potevano sembrare una preghiera.
Nel frattempo, mentre camminavano tra gli edifici, Claudia indicò un fitto
bosco di querce.
“Ecco, quello è il luogo dove sistemerete le tende. Conclusa
la visita vi consiglio di organizzarvi, sono rimasti pochi spazi liberi,
proprio dietro quel caseggiato...”
Vincenzo M. D'Ascanio, brano tratto dal romanzo "Eclissi".
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