I tre andarono verso la mensa, e Silvestro fu presentato
agli altri. Uno speciale affiatamento si creò subito tra lui e Floriana, con un
fitto scambio di battute ed accelerati movimenti delle spalle. Entrambi
sembravano improvvisare un corteggiamento simile a quello tra leoni e leonesse,
ovviamente con relativa mancanza di criniera, baffi e dentatura da incubo...
Dopo cena il gruppo si trasferì nella piazza centrale, dove alcuni ragazzi allestivano
un enorme falò. Come nelle notti precedenti, legna su legna era raccolta e gettata
nel grande calderone, in cui le ceneri erano ormai formate e scintillavano
nella semioscurità del crepuscolo come stelle risalenti il cielo. Tutt’intorno
erano già state sistemate numerose sedie, così Riccardo, Francesca e gli altri si
accomodarono, in attesa del discorso finale. Riccardo assunse furtivamente la dose
di farmaci cercando di non farsi notare, ma Francesca lo vide e gli sorrise con
accondiscendenza.
Nel frattempo le sedie furono occupate, ed alcuni campeggiatori
si arrampicarono sulle vicine querce. Cominciarono così le presentazioni dei
lavori, come avveniva al termine di ogni giornata. Con grande orgoglio di Accio
e Tony fu presentato il motore da loro assemblato, ed il lavoro fu accolto con entusiasmo
soprattutto dal vecchio Tobias, che cominciò a girare su se stesso come se
intendesse perforare il terreno. Fu mostrata anche una mensola creata da
Riccardo con materiale riciclato, ed un graffito di Francesca, in cui un
bellissimo arcobaleno demoliva un condominio di lusso. I lavori furono accolti
con autentico gradimento, ognuno si sentiva parte di un qualcosa di speciale ed
importante. Un ragazzo, che per tutta la giornata aveva tenuto un pomodoro in
mano, lanciò un grido di giubilo.
Dopo pochi minuti comparve un ragazzo dai capelli rasta,
sistemò il microfono e con ampie sbracciate impose il silenzio. Nella notte, il
suo volto illuminato dai bagliori delle fiamme lo facevano sembrare uno sciamano
indiano, ma quando cominciò a parlare, l’attenzione di Riccardo e dei presenti
fu letteralmente catturata. Non ne aveva senz’altro l’aspetto, ma il ragazzo aveva
sorprendenti doti di oratore.
“Un saluto fraterno a tutti voi!” Disse dopo essersi
schiarito la voce, “purtroppo questa è la nostra ultima notte, e siamo arrivati
al momento dei saluti. Durante le giornate ci siamo immersi totalmente nel
lavoro, il tempo è così trascorso in fretta, forse anche troppo... Durante il campeggio
spero che ciascuno si sia divertito, ma l’obiettivo non era questo. Ciò che
abbiamo fatto non riguarda attività ricreative, oppure di semplice svago. Abbiamo
adottato uno stile di vita differente, alternativo, una concezione esistenziale
diversa da quella imposta dalla società dei consumi. Noi crediamo che l’uomo
possa vivere in maniera più soddisfacente rifiutando il materialismo e lo
spreco, evitando di farsi stregare dalla televisione e dagli altri mass media,
strumenti adeguati ad intrappolarci la mente ed indurci a comportamenti
ripetitivi, indotti e controproducenti, come il meccanico acquisto di prodotti...”
Il ragazzo restò in silenzio per qualche secondo, in attesa
che gli ultimi arrivati occupassero le proprie sedie. Sembrava quasi un
agricoltore dell’Agro Pontino, intento a valutare i danni di un’improvvisa e
devastante inondazione. Una volta sedato il brusio, ricominciò a parlare.
“Noi possiamo domandarci, sino allo sfinimento, cos’è il
consumismo? Più ci poniamo questa domanda, più comprendiamo che si tratta di qualcosa
di sfuggente, dalle molteplici sfumature, alcune delle quali non sono alla
nostra portata. Possiamo anche azzardare che il consumismo sia una subcultura,
secondo cui l’uomo trae soddisfazione dall’acquisto di beni materiali, appunto
beni di consumo. Nella logica del consumismo troviamo una complessa serie di giudizi
sociali, secondo cui l’individuo è riconosciuto in ragione dei beni che possiede,
creandosi così scale gerarchiche dove il primo requisito resta il possesso e la
proprietà. In questa stessa scala gerarchica l’individuo deve per forza arrampicarsi,
se vuole evitare di trovarsi ai margini della società. In consumismo fa perno
su un individualismo che spezza qualsiasi legame familiare e collettivo, il
successo personale è il parametro per sintetizzare ciascuno di noi. Ecco,
dunque, una prima implicazione: il consumismo rifiuta qualsiasi forma di
solidarietà, non rapporti personali clementi, ma competizione dura e serrata, senza
esclusione di colpi.”
“Bravo Gianni, sei la nostra coscienza”, urlò un ragazzo
appollaiato sulla quercia più vicina. Gianni (questo era il nome dell’oratore)
fece alcuni gesti con le dita, come se stesse indicando il numero d’ispettori
che avrebbero potuto interrogarlo, dunque si schiarì la voce e ricominciò a
parlare, ondeggiando a destra ed a sinistra come un alberello in balia del
vento.
“Le tecniche di marketing delle multinazionali ci orientano
verso una direzione ben definita. Intendono stabilire un legame indissolubile
tra possesso, psiche e status sociale. Nelle pubblicità mostrano il modello del
cittadino ideale: bello, proprietario di auto potenti e perennemente lucide, famiglia
composta da persone essenzialmente perfette. Abitazioni con cucine spaziose e
tirate a lucido, sorrisi smaglianti sin dal mattino, capifamiglia motivati e sistematicamente
incravattati, mogli pazienti, decise a servire la colazione come se fosse l’unico
scopo della propria esistenza. La propaganda nazista non avrebbe trovato
immagini migliori, perché il culto della razza ariana è sintetizzato con una
fedeltà degna del più scrupoloso Joseph Goebbels... E’ sottinteso che gli altri
sono da emarginare, al massimo oggetto di un’ambigua carità cristiana: gli
individui non competitivi e non allineati alla società totale, la perfetta
società dei consumi. Una società profondamente astratta, inesistente, del tutto
slegata dalla realtà, rappresentante un mondo in cui nessuno può vivere ed in
cui nessuno mai vivrà. Eppure siamo ammaliati dallo scintillio delle
pubblicità, e consideriamo come le nostre esistenza perdano il confronto con
quei modelli. Nasce allora la frustrazione, s’insinua tiranna la depressione, col
conseguente rialzo delle vendite di case farmaceutiche e similari, che
realizzano profitti dalla generale mortificazione delle masse...”
Per alcuni secondi l’oratore alzò le braccia al cielo, come
se stesse domandando alla luna di concedergli le migliori parole per concludere
il discorso. Intanto, un ragazzo seduto accanto a lui, si alzò dal suo posto,
fece una capriola all’indietro e lanciò un urlo tremendo, quasi disumano.
“Per anni ci hanno fatto credere che siamo ciò che abbiamo,
poiché non esiste alcuna differenza tra essere ed avere. Al diavolo
l’illuminismo, tutto il romanticismo, Neruda, Pasolini e Sartre. Ogni individuo
è rappresentato dal vestito e dalle scarpe che indossa, il suo conto in banca, l’auto
parcheggiata in garage, il frigo, il cellulare di ultima generazione. Dinanzi a
noi si stendono i nefasti effetti di questa concezione esistenziale, capace di
renderci estranei alla nostra natura sociale. L’individuo è stato rimosso dalle
sue più elementari esigenze, ossia l’indispensabile ricerca della
socializzazione, per vivere in un solitario e freddo materialismo, attendendo con
trepidazione il preciso momento in cui ciascuno avrà tatuato sul braccio il
proprio codice a barre, come in un totale, eterno e micidiale campo di
concentramento!”
Detto questo il ragazzo cominciò a turbinare su se stesso,
come se intendesse metaforizzare una sonda capace di trivellare tanto il
terreno quanto la coscienza dei presenti. Riccardo rimase stupito da questo singolare
comportamento, tuttavia dopo qualche istante lo ignorò, e cominciò a riflettere
sulle parole appena ascoltate. Nella sua vita era sempre stato prepotentemente
materialista, e questo comportamento aveva determinato lampi di effimera
soddisfazione, ma mai un’autentica felicità. In effetti, la continua smania di prodotti
ll’aveva portato ad una profonda frustrazione, la stessa provata da un killer
psicopatico rimasto senza cartucce nel momento decisivo... Quanto aveva
influito questo modo distorto di considerare la vita? Quanta infelicità aveva accumulato,
grazie a questo sterile materialismo? Certo, qualcuno poteva trovare il suo
completamento, come accadeva al padre, ma ormai Riccardo stava smascherando l’origine
del suo male o, almeno, una delle sue origini.
Vincenzo M. D'Ascanio, brano tratto dal romanzo "Eclissi"
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